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Se il cambiamento climatico ci rende isterici…

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Il climate change è ormai un argomento trasversale che abbraccia la politica, l’economia, la società, la cultura. Se ne fa, a volte, un uso argomentativo che eccede i recinti della logica.

Si prenda ad esempio la notizia di qualche settimana fa, della proposta europea di bloccare la produzione dei motori termici a partire dal 2035, e che ha colto – a quanto è parso – impreparati anche diversi personaggi pubblici della politica nazionale. Tant’è che alcuni dicasteri, sia italiani che tedeschi, hanno presentato una mozione contro tale proposta. I motivi sono diversi e – sotto una lente di ingrandimento più ampia – hanno delle motivazioni più o meno valide.

In primo luogo, si recrimina all’Europa la decisione che pare sia “piovuta dal cielo” e che, forse, non avrebbe preso in considerazione in maniera adeguata tanto le tempistiche quanto le modalità di questo stop alla produzione di motori termici. In seconda battuta, la transizione delle attuali aziende e case automobilistiche dalla produzione attuale a quella elettrica non sarebbe stata affrontata in maniera consapevole delle difficoltà di tale transizione. Ma non si parla, poi, solamente di fare uno switch: va presa in considerazione tutta una serie di elementi, che parrebbero interessare poco all’Europa. La riqualificazione delle officine e del personale addetto alla filiera: come è stato pensato di ricollocare il personale e come è stato pensato l’ammodernamento delle officine e delle catene produttive? A questi interrogativi potrebbero aggiungersene altri, ma soffermandoci ad un livello epidermico, non può che far sorridere la facilità con cui, a volte, arrivino decisioni dagli organi di legiferazione sovrannazionale che lasciano tutti un po’ sorpresi.

A questo si aggiunga una considerazione, che ormai è stata ripetuta più volte e in più studi scientifici. Tali ricerche confermano infatti che automobili o autoveicoli a “emissioni zero”, in sostanza, non esistono. Osservando infatti le emissioni di CO2 nell’intero ciclo di vita del veicolo, la cosiddetta carbon footprint, gli studi evidenziano alcuni elementi non trascurabili: primo su tutti, incide negativamente l’estrazione di materiali per la costruzione delle batterie e l’energia necessaria alla costruzione e all’assemblaggio dei veicoli. Solo in Cina, la carbon footprint supera di ben il 35% il valore delle emissioni per uno stesso veicolo costruito in Europa. Nella maggior parte dei casi, nel mix energetico per l’assemblaggio del veicolo prevalgono i carburanti fossili (carbone, gas, petrolio, ecc.).

Il vero tallone d’Achille dell’auto elettrica, resta, però, la batteria. Se l’auto elettrica praticamente non inquina (fonte: Agenzia Europa dell’Ambiente, 2018), produrre le grandi batterie che servono a garantire un uso adeguato della stessa inquina in maniera sconsiderata. I motivi sono comprensibili: estrazione mineraria in primis. L’Istituto di Ricerca Ambientale Svedese di Stoccolma ha, a questo proposito, redatto uno studio, con numeri che non possono non essere presi in conto: tenendo tutto in considerazione, produrre una batteria per un’auto elettrica porta a un’emissione di anidride carbonica diretta e indiretta pari a circa 150-200 g di CO2 per ogni kWh di potenza . Gli aggiornamenti al 2022, tuttavia, lasciano uno spiraglio di speranza per l’ecosostenibilità e sul ciclo di riutilizzo delle componenti elettriche e meccaniche delle e-Car.

Insomma, è evidente che, comunque la si guardi, la questione dell’inquinamento non è di facile risoluzione. Non esiste nessuna attività produttiva dell’uomo che non comporti, anche se di poco, un’emissione inquinante. Soprattutto se, a caldeggiare l’acquisto di auto elettriche, sono le case automobilistiche più degli istituti di ricerca ambientale. Considerando, infine, a titolo esemplificativo, che per produrre una tonnellata di asfalto, la cui componente principale è il bitume, si generano circa 40 chilogrammi di anidride carbonica (calcoli arrotondati: 1 metro cubo di asfalto pesa circa 2 tonnellate, e copre appena 30 metri quadrati di pavimentazione stradale).

La Redazione

Tags: Anno I, Numero 1
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