Editoriale

NUOVI VOLTI, ANTICHE STORIE E UN PO’ DI INCOSCIENZA DIGITALE

Condividi questo articolo

Premessa doverosa.


Avevo assunto un giovane collaboratore per gestire i social, comunque qualche post breve, una foto d’epoca ogni tanto, magari una citazione ben calibrata tra nostalgia e cultura. Roba semplice, insomma. Nulla che implicasse pensiero critico, men che meno rigore storico. Un compito modesto, pensato per dare un po’ di respiro al resto della redazione e, in tutta sincerità, anche alla mia pazienza.
E invece.
Dopo qualche settimana, mi si presenta con una serie di dialoghi – sì, dialoghi – tra personaggi storici. Ricostruiti con l’accuratezza di un concorrente ubriaco a un quiz di terza serata. Parlano, discutono, battibeccano. A tratti sembrano usciti da una cena di Natale particolarmente tesa, altre volte da una chat di gruppo abbandonata da ogni moderazione e buon senso. E no, non era un esperimento universitario. Né uno scherzo. Era la sua proposta editoriale.
Naturalmente, l’ho rimproverato. Con garbo, ma con fermezza. Lui ha insistito. Io ho alzato gli occhi al cielo e, per quieto vivere (e anche un po’ per curiosità morbosa, ammetto), ho ceduto.
Li pubblichiamo.
Con uno pseudonimo, ovviamente. Per proteggere lui, noi, e soprattutto la già malridotta memoria storica.
Nasce così “Uomini (quasi) illustri”, la rubrica firmata dal giovane e incosciente D. Malecogita. Un viaggio improbabile, irriverente e (a suo modo) affascinante dentro i grandi – e i meno grandi – della nostra storia. Non dite che non vi avevo avvertiti.

Ma se la sorpresa digitale è stata improvvisa e un po’ accidentale, quella dei nuovi arrivi nella nostra redazione è invece frutto di una scelta attenta e, lasciatemi dire, necessaria.
È con grande piacere – e anche con una punta d’orgoglio – che vi presento due nuovi collaboratori che, a partire da questo numero, arricchiranno la nostra rivista con sguardi profondi, consapevoli e radicati nel territorio. Due voci che sentivamo mancanti, due sensibilità che finalmente trovano spazio.

Il primo è Luigi, storico per formazione e per passione, ma soprattutto narratore di memorie. Il suo contributo non sarà quello accademico, distaccato, da manuale universitario. Luigi sa che la storia non è solo date, eventi e citazioni. È carne, sangue, paesaggio, quotidianità. È un borgo che cambia, un cognome che ritorna, un dialetto che resiste. È il modo in cui una leggenda locale si intreccia con le cronache ufficiali, e in cui il ricordo di una nonna dice più di cento documenti.

Accanto a lui, con uno sguardo diverso ma complementare, entra nella nostra squadra Estè.
Alcuni di voi la conoscono già, per le sue battaglie culturali, per l’impegno nel promuovere la bellezza, anche (e soprattutto) quella dimenticata. Estè ha il dono raro di dare voce ai luoghi. Di trasformare un vicolo, una piazza, un teatro di provincia in un racconto vibrante, capace di emozionare anche chi ci passa ogni giorno senza farci troppo caso.
Il suo interesse per lo spettacolo, la cultura popolare e le dinamiche sociali si intreccia con un’attenzione quasi affettiva per tutto ciò che è territorio. Estè non osserva da fuori: partecipa, respira, abita. Ogni suo pezzo sarà un viaggio dentro l’anima della Tuscia, tra feste, tradizioni, personaggi dimenticati e luoghi che parlano, anche quando nessuno li ascolta.
Con Estè, la rivista guadagna una lente poetica ma precisa. E il nostro racconto del presente si colora di mille sfumature, tra passato e futuro, tra palcoscenico e piazza, tra memoria e immaginazione.

E poi c’è lui. D. Malecogita. Sì, ancora lui.
Lo so cosa state pensando, che una rivista seria, che si rispetti, non dovrebbe affidarsi ai capricci creativi di un giovane social media manager con velleità da drammaturgo. Ma – e questo ve lo dico col cuore in mano – c’è una strana energia, a volte, nei tentativi maldestri. Una vitalità che ci ricorda che la cultura non è solo conservazione, ma anche gioco, rischio, provocazione.
D. Malecogita è un rischio. Ma ogni tanto, vale la pena correrlo. Non fosse altro perché ci mette in discussione, ci obbliga a chiederci cosa vogliamo raccontare e come. E perché no, ci strappa anche una risata.
Nel suo modo sgangherato, forse ha capito che l’unico modo per parlare (davvero) di storia oggi è farla parlare. Letteralmente. Con le voci improbabili di uomini e donne che, se potessero tornare, forse ci direbbero proprio quello che lui – con incoscienza e un pizzico di genio – mette in scena.

Questo numero segna dunque un piccolo cambio di passo. Una nuova stagione, se vogliamo. Non rivoluzionaria, ma significativa. Continueremo a raccontare ciò che ci circonda, ma con occhi più numerosi, più attenti, più diversi.
Luigi ci guiderà nel passato. Estè ci racconterà il presente. D. Malecogita ci sorprenderà da una dimensione parallela dove Machiavelli litiga con Garibaldi per colpa di un parcheggio (non scherzo: è in scaletta per i prossimi numeri).
E noi? Noi continueremo a fare ciò che ci riesce meglio: osservare, scrivere, riflettere, e – ogni tanto – sorridere.
Perché c’è bisogno anche di questo, di una cultura che non si prenda troppo sul serio, ma che proprio per questo riesca a toccarci davvero.

Buona lettura, e benvenuti nella nostra nuova avventura editoriale.

Il Direttore responsabile, Domenico Galati

Il sacro femminino di Bolsena
Sudafrica, caleidoscopio di folclore e identità creatività

Ti potrebbero interessare…