La letteratura estone, pur vantando una storia relativamente recente rispetto alle altre culture letterarie europee, offre un panorama ricco e variegato, capace di riflettere l’anima profonda di questo piccolo paese baltico. Le sue origini possono essere fatte risalire al XIII secolo, quando le parole estoni apparvero per la prima volta nel “Chronicon Livoniae” di Enrico. Tuttavia, solo nel XVI secolo si trovò traccia di veri libri in lingua estone, come il “Catechismo luterano” del 1525, anche se fu confiscato e bruciato.
La produzione letteraria di questo primo periodo, composta prevalentemente da testi religiosi e da opere di autori tedeschi baltici, fu caratterizzata da un livello linguistico non eccellente. Tra gli esempi più significativi ci sono le preghiere di Georg Müller (1600-1606) e il primo poema estone di Reiner Brockmann (1637).
Un passo fondamentale verso la standardizzazione della lingua estone scritta si ebbe grazie a figure come Heinrich Stahl, autore di una grammatica, Bengt Gottfried Forselius, ideatore di un alfabeto, e Anton Thor Helle, che nel 1739 pubblicò la prima traduzione completa della Bibbia in estone, sancendo la predominanza della variante linguistica settentrionale su quella meridionale.
Il vero pioniere della letteratura estone è considerato Kristjan Jaak Peterson (1801-1822), la cui opera, per lo più lirica, fu pubblicata postuma solo nel 1922, in occasione del centenario della sua nascita. La sua figura, seppur sconosciuta durante la sua vita, ha assunto un ruolo simbolico, tanto che il suo compleanno coincide con la “Giornata della lingua estone”.
Un’altra pietra miliare della letteratura estone è il “Kalevipoeg”, un’epopea nazionale composta da circa 20.000 versi e iniziata da Friedrich Robert Fählmann (1799-1851) e successivamente completata da Friedrich Reinhold Kreutzwald (1803-1882). Quest’opera monumentale, basata su antiche leggende locali, racconta la storia del gigante Kalevipoeg e rappresenta un pilastro della cultura e dell’identità estone.
Tra gli altri autori di spicco del XIX secolo ricordiamo Johann Woldemar Jannsen, autore del testo dell’inno nazionale estone “Mu isamaa, mu õnn ja rõõm”, e sua figlia Lydia Koidula (1843-1886), poetessa patriottica di grande fama.
L’inizio del XX secolo fu segnato da un periodo di oppressione culturale con l’imposizione della russificazione, seguito da una rinascita letteraria dopo la rivoluzione del 1905 e dalla successiva indipendenza nel 1918. Tra i protagonisti di questa fase ricordiamo il poeta Juhan Liiv (1864-1913), il romanziere e drammaturgo Eduard Vilde (1865-1933) e la poetessa Lydia Koidula.
Il periodo compreso tra il 1905 e l’occupazione sovietica vide la nascita del gruppo “Giovane Estonia” (Noor-Eesti), ispirato al movimento letterario tedesco della “Giovane Germania”. Tra i suoi esponenti figurano il poeta Gustav Suits (1883-1956), il romanziere Friedebert Tuglas (1886-1971), Villem Grünthal-Ridala e Johannes Aavik (1880-1973). Il movimento sosteneva una modernizzazione della letteratura estone secondo i canoni europei.
Degni di nota sono anche Oskar Luts (1887-1953), il primo scrittore estone a ricevere il titolo di “Scrittore nazionale della Repubblica socialista sovietica estone” nel 1945, autore del famoso romanzo “La primavera” (Kevade), e il poeta Ernst Enno (1875-1934).
In contrapposizione alla “Giovane Estonia” emerse il movimento “Siuru”, rappresentato da Henrik Visnapuu (1890-1951) e Marie Under (1883-1980), autori di poesie sensuali ed erotiche che fecero scandalo all’epoca e li costrinsero all’esilio dopo la Seconda guerra mondiale.
L’occupazione sovietica portò alla diaspora degli intellettuali estoni, principalmente in Svezia. Coloro che rimasero furono sottoposti a repressioni come il divieto di pubblicazione o l’esilio interno. In esilio si sviluppò quindi una notevole produzione letteraria, con opere diffuse anche in forma manoscritta per aggirare la censura.
Tra le figure di spicco di questo periodo ricordiamo Jaan Kross, candidato al Premio Nobel per la letteratura, Artur Alliksaar e Ain Kaalep. La loro produzione, pur aderendo al realismo socialista imposto dal regime, riuscì a mantenere la propria voce e identità nazionale.
Raivo Martinson