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E-health e sanità accessibile

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L’espressione o meglio la parola “e-health” è oggi comune tanto per gli addetti ai lavori, quanto tra la gente. Pochi hanno chiara idea del significato, tanto più che assomma a sé molti elementi. La parola fu usata per la prima volta agli albori d’internet per la popolazione, ovvero negli ultimi anni ’90, per dare un senso ed un significato alla scienza medica con riferimento al web. Nel breve periodo, si pensi che il primo iPhone fu da lì a poco, lo sviluppo crebbe in modo esponenziale potendo essere utilizzato con programmi dedicati su device di ogni ordine e grado (PC, tablet, smartphone). Il mercato ovviamente precedette la scienza. Fu il primo ad intuirne l’enorme potenzialità riguardo la vendita di strumenti sanitari e prodotti farmaceutici (farmacie on-line). L’uso “etico” seguirà da lì a poco. Quindi il suffisso “e-” (elettronico) è nato per il mercato e la scienza verrà dopo. Senza internet questo sarebbe avvenuto con molta difficoltà, o non sarebbe avvenuto, ma l’avvento del web era gioco forza che avrebbe coinvolto la scienza medica. All’epoca si era da poco usciti dagli indirizzi e-brandizzati dei gestori telefonici, una ventata di aria nuova che favorì nell’e-health la creazione di nuovi standard per adeguarsi alla nuova realtà e competere con gli altri concorrenti del settore nel ghiotto mercato della salute. L’e-health si rivolse ab initio verso i consumatori privati e solo in seguito alle istituzioni pubbliche e imprese private. Quello che emerge, dopo oltre 20 anni, è che è inesistente una definizione univoca che contenti tutti. L’entrata del termine tanto nell’uso comune, quanto nella letteratura medica trova nella stampa specializzata oltre 50 definizioni diverse.  Quindi quello che all’inizio fu qualcosa legata alle leggi di mercato, oggi va intesa soprattutto ad una predisposizione mentale, degli addetti ai lavori e non solo, circa l’utilizzo di tale opportunità. Nello specifico dobbiamo rifarci ad un caso particolare per meglio spiegare. È noto che in alcune aree dell’Africa o dell’Asia, è di fatto impossibile accedere per la popolazione di aree rurali, a strumentazione medica di medio-alto valore tecnologico. Questo è stato ovviato per alcune patologie dell’occhio, usando uno smartphone con con specifico programma e collegando il cellulare con altro device costruito nella circostanza, al fine di fare diagnosi.

L’aspetto sociale è molto importante affinché lo sviluppo non sia confinato solo tra le classi più abbienti. Il cardine rimane la fruibilità dell’e-health per tutti. Basti pensare alla larga fascia della popolazione più vulnerabile per età, cultura, sesso, localizzazione geografica. Questo aspetto va normato dai governi locali e se si arrivasse ad una “definizione” (lingua univoca) accettata da tutti, il compito sarebbe meno gravoso. Nell’esempio precedente riguardo l’Africa nelle zone irraggiungibili, sarebbe bello poter aver un consulto a migliaia di kilometri di distanza, come avviene comunemente in Europa. La distribuzione dei farmaci avviene servendosi di questi strumenti in Europa, ma nelle aree più disagiate del pianeta il monitoraggio e l’invio di prodotti di difficile approvviggionamento locale, avrebbe una svolta significativa nell’utilizzazione di tali strumenti a pieno regime. L’implementazione del linguaggio standardizzato per le “procedure” tecno-farmaceutiche farebbe raggiungere risultati positivi e ridurrebbe gli sprechi. Il paziente va educato, secondo le proprie necessità e competenze,   sull’utilizzo di questi nuovi strumenti informatici che giocoforza rappresenteranno “novus modus” di questo secolo. La telemedicina, in Italia, è da alcuni anni sempre menzionata nelle polizze assicurative. La diminuzione del tempo speso e il risparmio economico viene facilitato dalla tecnologia. La recente crisi sanitaria globale ha accelerato il processo. La salute oggi più “elettronica” deve ancora migliorare così avremo raggiunto l’obiettivo oltreché economico soprattutto nell’aspettativa di buona vita o per dirla con l’espressione dei chierici: “aumentare la qualità di vita”. È un percorso che necessita dei suoi tempi. Attualmente le cartelle cliniche personali scaricabili da internet sono una realtà diffusa. È iniziato il nuovo processo da governare, a beneficio di tutti.

Bisogna seguire passo dopo passo l’evoluzione, avendo come fine il paziente e non lasciarsi incartare da mode e interessi contingenti, sanzionare i personalismi (medici) e dare senso e significato alle azioni conseguenti.

Last but not least, resta la riproducibilità dei percorsi dell’e-health in Italia dischiusa al mondo, che dovrà aver cura di basarsi solo su prove certe, riproducibili e verificate scientificamente. Il medico deve rimanere comunque il protagonista assoluto di questo processo in quanto è lui che alla fine ne risponde civilmente e penalmente.

Domenico Galati

Tags: Anno I, Numero 2
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