“Bisogna scrivere versi tali, che a gettare una poesia contro la finestra, il vetro si debba rompere”
Prima di chiedersi “ com’è questo libro?” , serve chiedersi “cos’è questo libro?”.
Cos’è “Casi” di Daniil Charms, edito da Adelphi?
Come ogni volta in cui si parla di libri difficili, molto noti o assurdi, si parte sempre dall’agiografia dell’autore.
Charms muore martire per davvero.
Di fame, nel 1942, durante l’assedio di Leningrado, internato in un carcere psichiatrico, con una fasulla diagnosi di schizofrenia, in realtà perché considerato semplicemente “troppo strano”.
Era stato arrestato nel 1931, dopo una vita passata tra circoli di artisti, arte performativa, letture pubbliche di poesie violente, irridenti, folgoranti, illogiche, decandenti.
Nel 1928 fonda OBERIU, movimento d’avanguardia ispirato al Futurismo russo che vedeva le regole dell’arte libera sopra ogni cosa e rifiutava il materialismo come legge storica.
In gioventù subisce il fascino della letteratura inglese, in particolare del personaggio di Sherlock Holmes.
Infine, nel 1905, nasce col nome Daniil Ivanovič Juvačëv, figlio di Nadezhda Ivanovna Koljubakina e Ivan Juvačëv, a sua volta passato per il carcere russo in quanto coinvolto in atti sovvervisivi contro il regime zarista.
Utilizzerà il nome d’arte Charms per tutta la vita, a volte anche su documenti ufficiali.
Insomma, una vita un po’ bohémien, un po’ dandy, finita in tragedia, che ha formato uno degli scrittori, poeti e drammaturghi più singolari del secolo scorso, probabilmente anche di questo.
“Casi” è un libro composto.
Una scelta vincente di Rosanna Giaquinta che riesce a trasmettere la complessità dell’autore.
Si apre con trenta opere, scritte tra il 1933 e il 1939, dedicati alla seconda moglie, Marina Vladimirovna Malic.
Sono opere brevi, a volte brevissime, poche frasi, che mostrano tutta l’esplosiva creatività dell’autore, la continua sperimentazione che unisce poesia, teatro e prosa nel tentativo di colpire il lettore unendo il massimo della sintesi a tutte le suggestioni infinite che l’assurdo può concedere; assurdo che ha delle radici nel Verismo, poiché le scene che descrive hanno come protagonista la gente comune, il popolo meschino: passegiate, bevute tra compari, file per la spesa.
Queste scene comuni vengono messe a soqquadro dall’illogico, dall’imprevisto: anziane che cadono l’uno dopo l’altra dalla finestra fino ad annoiare i passanti, un uomo che cade così tante volte a terra fino a non esser riconosciuto o ancora dialoghi folli, giochi di parole, sogni, decapitazioni, poeti, scrittori, anche Adamo ed Eva.
Charms si lascia ispirare dal comune, che però piega, contorce, eleva o scaraventa tramite la lente del suo genio eccentrico.
Il suo stile è ironico, a volte comico; scrive per dicotomie e spesso non ci sono contatti tra gli estremi, tra alto e basso, bello o brutto, buono o cattivo.
Se fosse vivo oggi, avrebbe un blog in cui racconta ciò che osserva dalla sua finestra o nelle sue lunghe passegiate, condendo tutto con una buona dose di black humor e osservazioni sferzanti.
Charms diverte, disgusta, ispira ma soprattutto sorprende, sempre.
Non sarete in grado, leggendo una riga, di prevedere ciò che ci sarà scritto in quella successiva.
Oltre i “Casi” veri e propri, nel libro sono presenti racconti di altri anni, a volte più lunghi e strutturati senza perdere l’assoluta personalità.
Nella prosa di Charms traspaiono le criticità dell’epoca, sia storiche che culturali e infatti appare da subito come, nel suo sperimentare, l’autore stia cercando qualcosa, una nuova “verità” dell’Arte, un tentativo di superare dogmi e canoni.
Come uno scienziato folle, Charms torce e seziona la sua produzione, la modifica, la plasma spasmodicamente fino, a volte, a venire schiacciato dal peso stesso della sua creazione, a decidere che non si può scrivere più nulla.
Seguono degli scritti pseudo-autobiografici, in cui l’autore dimostra la sua dedizione all’opera, offrendo la propria stessa vita affinché venga rinnovata dal suo stile speciale di narrazione.
Scritti particolarmente importanti, perché ci permettono di addentrarci nella mente dell’autore, capire come pensa, sentire la sua versione della sua storia.
Guardando però, solo ciò che decide di mostrare.
A rivelare qualcosa di più, sono i successivi “Lettere” e “Diari”.
Qui possiamo conoscere uno Charms acuto pensatore, filosofo, idealista, ma anche leggere le sue lettere d’amore, i suoi commenti sul carovita, le sue preoccupazioni su come arrivare a fine mese.
Chiudono il libro le note di Rosanna Giaquinta, preziosissime, una bussola nel mare di idee e sensazioni in cui Charms alla fine, inevitabilmente, ci farà perdere.
“Casi” è un libro particolarmente prezioso.
Permette di conoscere a fondo un autore dal talento assoluto, la cui continua ricerca, il talento, la creatività, il genio non sono tragicamente riusciti a esprimere a pieno le loro reali potenzialità, sfumando in un’inedia sprecata tra quattro mura imbottitte, in una Leningrado assediata.
Un libro che vi farà ridere o vi disgusterà o vi risulterà incomprensibile o sarà una scossa ispiritaoria nel cervello, ma che in ogni caso non potrete ignorare.
“Se ti fanno osservare “In quelllo che lei ha scritto c’è un errore”, tu rispondi: “Ciò che scrivo dà sempre questa impressione”.