Editoriale

Salone del Libro di Torino 2023 appuntamento per addetti ai lavori

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Il Salone del Libro di Torino questo mese incentra l’attenzione sulla cultura. Il Salone si apre con la XXXV edizione, dal 18 al 22 maggio e più di 1.400 eventi. Il titolo per il 2023 è “Attraverso lo specchio”, dentro nuove dimensioni, scoprire la  realtà oltrepassando la propria fantasia. Tantissimi i nomi noti della letteratura: dal Premio Nobel nigeriano Wole Soyinka, a Fernando Aramburu a Javier Cercas,  Andrew Sean Greer . Si aggiungano  altri 600 appuntamenti in programmazione nelle otto Circoscrizioni cittadine e nei 24 Comuni limitrofi, 300 luoghi che interessano 94 “presidi” regionali.

Contemporaneamente in Italia e all’estero il Maggio dei Libri,  aperto a chiunque voglia organizzare incontri letterari implicando scuole, biblioteche, istituzioni pubbliche, librerie. Il Maggio dei Libri, ormai presente dal 2011 è un appuntamento imprescindibile.  Il Ministero degli Affari Esteri organizza eventi all’estero a cui si sommano “lavori” di Istituti Italiani di Cultura, Ambasciate e Consolati. Ogni anno,  la campagna varca i confini nazionali includendo le scuole italiane all’estero.  Lo scopo è anche fare seguaci tra quelli che abitualmente non comprano libri,  per incuriosirli, far comprender quasi inavvertitamente circa la necessità di leggerli al fine di adeguata crescita culturale, sociale e personale.

Tutti possono partecipare progettando iniziative che si svolgano fra il 23 aprile e il 31 maggio.

Nel clima intellettuale, come nel resto del mondo,  si sente il rimbombo di suoni di una guerra “spuria” in atto, che ad un’analisi più approfondita, è diventata la guerra tra due culture.

La propaganda dei belligeranti si unisce alle armi mortali, incide sulla psicologia della gente, sulle loro passioni,  sui  loro sentimenti, abitudini. Il target è  l’Occidente visto come nichilista e decadente. Il nostro patrimonio culturale da cancellare, sostituire e dimenticare. Sempre più, sui siti web, viene “pubblicizzato” il peccato originale del Globalismo, seguito alla società dei consumi. L’Occidente odierno è visto come corrotto, degenerato, agli occhi dei nostri dirimpettai, ma paradossalmente la causa potrebbe essere stata la loro.  La Russia e l’ortodossia sovietica, con i suoi dogmi marcescibili  (Alexander Dubček, docet) che ha infettato l’Occidente. La difesa irrazionale, all’inizio del conflitto, fu vietare una lezione su Fyodor Dostoevsky a Milano, all’Università. La Russia ha aperto gli orrori del “secolo breve”, persino trovando nel patto Molotov-Ribbentrop una discutibile partnership .  Putin in modo callido, afferma di voler combattere l’Occidente pervertito, ma il fine ultimo è sostituire  la nostra civiltà giudaico-cristiana con la sua “cultura” l’Ortodossia religiosa e post-sovietica quindi accentratrice, secolare e ben sperimentata per governare capillarmente il suo territorio immenso. I valori delle loro razza (nazione) slava vanno sostituiti alla nostra razza. Il sogno della Terza Roma degli Zar si riaffaccia in Europa. Questa come una loro dependance. La corruzione purtroppo è vera in Occidente, capillare. La decadenza dei costumi pervade larghe fasce della popolazione, e quello che salta all’occhio nel confronto, è la quasi totale mancanza di radici religiose nell’Occidente a fronte di un Putin che ne prende sempre parte (suo padre era così religioso?). Il suicidio dell’Occidente come se fossimo al 410 D.C., col sacco di Roma,  per molti è alle porte e programmato, sebbene la propaganda prezzolata amplifica la percezione. La classe politica dell’Occidente è scadente. Rispetto ai Padri Fondatori c’è un abisso culturale. Il ritorno dei tempi di Boezio e Cassiodoro è patetico. Lo sforzo  fallimentare dell’integrazione di diverse culture, sperimentato da Cassiodoro alla caduta dell’Impero Romano si ripresenta. La cultura con le sue radici millenarie greco-romane e giudeo-cristiane, i politici non sanno neppure dov’è di casa. Attenti solo al proprio orticello.  Monaldo Leopardi si lamenta nell’autobiografia che il suo insegnante Pino da Torres, gesuita, gli faceva ripetere brani interi a memoria all’infinito, fino alla perfezione, e questo lo aveva condizionato, a Suo dire, nel suo estro artistico (il figlio avrà miglior fortuna con lo stesso insegnante). Il gesuita faceva solo il suo mestiere, sapeva che Monaldo doveva diventare un amministratore pubblico, che non poteva contraddirsi davanti a tutti e farsi ridere dietro. La vergogna oggi è passata di moda tra i politici, che menano di vanto nel contraddirsi nella stessa giornata. La classe politica russa è abissale in qualità confrontata alla nostra. Basta guardare le facce dei giovani nella recente foto del ministro degli esteri russo Lavrov, in visita alla scuola dei futuri diplomatici del suo paese. Dobbiamo avere la forza di non farci soggiogare dalle false credenze culturali di una Russia che forte del proprio passato, risolva con la “russificazione” i suoi/nostri problemi e salvi l’Occidente dal Globalismo. Putin vuole solo sostituire la sua cultura alla nostra. Il Globalismo (per tanti aspetti inverecondo) è un pretesto. La verità vera, è che dobbiamo solo prendere per l’orecchio la classe politica e soprattutto i pifferai magici di cui tanto ci siamo innamorati, magliari da quattro soldi, che ci dicono che il politico deve aver prima lavorato in fabbrica (?) o chissà dove. La cultura e soprattutto la politica (che è sua espressione) non si fa con il “varietà” e guardando i bilanci aziendali, questo non è neppure qualunquismo. Il politico deve essere espressione della razza, essere acculturato per il mestiere che fa e farà per tutta la vita (Padri costituenti), supportato dalla cultura greco-romana e giudaico-cristiana (questo abbiamo, non ne teniamo un’altra) che non si faccia schiavizzare né dal Globalismo, né allo Zar di turno. Tertium non datur.

Direttore responsabile, Domenico Galati

Tags: caribo magazine
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