Ada D’Adamo con il libro “Come l’aria” è la terza persona ad avere il premio Strega postumo, superando Rosella Postorino, data vincente ab initio. La trama è nota, descrive la relazione tra una figlia severamente inferma, non autonoma negli atti quotidiani, la madre che prende su di sé ogni carico. La madre viene colpita da un tumore che non le da scampo. Rosella Postorino era la favorita con “Mi limitavo ad amare te” (Feltrinelli), comunque la giuria a luglio u.s. ha premiato Ada D’Adamo.
“Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa vinse lo Strega postumo nel 1959. Il libro fu pubblicato un anno dalla morte dello scrittore. Era un Lampedusa a tratti molto intimo nel romanzo, la sua presenza molto discreta, con l’eleganza di concepire personaggi che fuoriuscivano dalle pagine del romanzo e di certo differenziati dallo scrittore. Una trama avvincente che superava di gran lunga il fattore personale, calato durante lo sbarco di Garibaldi in Sicilia e la rovinosa caduta del Meridione ad opera della Casa Sabauda.
La seconda a vincere il premio post-mortem, fu Maria Bellonci, ideatrice insieme all’industriale Alberti del premio Strega, che ebbe il riconoscimento con “Rinascimento privato” romanzo biografico su Isabella d’Este. Nel maggio del 1986 la scrittrice muore, due mesi dopo è proclamata vincitrice.
Taluni asseriscono che ogni premio letterario è superfluo da vivo, figuriamoci da morto.
Ha ancora senso lo Strega o andrebbe rivisitato? Quanto pesa l’evento personale o l’autore stesso? Ogni riconoscimento deve premiare la pregevolezza, la chiarezza formale, la capacità dello scrittore, il resto, è “paccottiglia” autoctona. Il mestiere di scrittore è generalmente avulso a chi cerca l’emozione facile ed il buonismo a tutti i costi. Dove sono oggi, in Italia, le grandi firme? Dietro le recensioni fatte dagli amici degli amici, dal frequentare il salotto buono dell’editore, nascosti da moralismi a raffica, redattori di ogni congresso politico, i traviati del compito a casa, i tormentati. Chi rimane? Lo Strega, di solito, va a chi dopo averlo agognato si muta in morto vivente, il solito condannato a presenziare sempre e comunque. L’autore di successo è di un’altra pasta, se ne infischia del presenzialismo e dei premi, riscuote i quattrini e adios. Alcuni addetti ai lavori hanno definito il mondo dei libri una “Giungla nera”. Il mio libro è il più bello di tutti e deve prevalere, sono disposto a tutto. Quelli che hanno un’imprinting genomico distinto sono pronti a resistere ad azzannare e farsi azzannare, far leva vicendevolmente su chiunque ronzi nel loro circondario letterario, per usarlo. Come al tavolo da poker, pronti a rischiare il tutto. Chiedono solo di essere premiati con nuova rinascita. Quindi l’autore di successo negletta l’opinione degli abitanti, come lui, della giungla, se ne infischia dei salotti buoni dell’editore o adiacenti, lo scrittore vero abita la giungla infida, sempre a suo rischio e pericolo. E’ un perenne fuggiasco, odia la regina Grimilde che consulta lo specchio magico (Biancaneve) dicendo che tale figura non gli appartiene, non vuole complimenti (bugiardo, N.d.R.), la parola d’ordine è rimanere libero, conta solo sulla libertà. L’autore di successo scrive opere da mozzare il fiato a sé stesso durante la stesura; disposto a lottare corpo a corpo con demoni orribili che escono dalla sua mente. Cos’è la letteratura? Combattimento, carneficina. In primis, lotta con i concorrenti per farne dei tumoli (assomiglia ai “Pensieri” di G. Leopardi, N.d.R.). Trapassa “allegoricamente” il loro tronco, fracassa le ossa come fossero morbide strofe di poesia, combatte ferocemente, con il coltello tra i denti. La letteratura è questa. Svergognare, screditare le colpe del fratello. Questa è la vera letteratura. Eccitazione perenne, sgattaiolare, crudeltà. Dare premi a brave persone è inutile è come sentire il raglio di un asino. To sum up: la filastrocca in narrativa ve l’ho voluta mostrare perché è comune tra i mediocri nell’ambiente letterario. E’ perfetta nella teoria, si sgretola quando il narcisista (che dice di non volere lo specchio della regina Grimilde, ovvero i complimenti; N.d.R.) incappa in qualcuno superiore a lui tanto sicuro di sé, quanto empatico e viene lasciato ai margini a ripetere che i premi non servono e chi li vince è uno zombie.
Il fascino del premio Strega purtroppo per loro rimane immutato, con il suo strascico di polemiche che sono la quintessenza del premio. E’ infruttuoso tanto per l’autore che non l’ha vinto, quanto per chi non ha visto vincere il suo cavallo preferito. L’importante è rimanere comunque in attesa del prossimo Strega, anche criticandolo.
Domenico Galati